La strada sale senza pendenze eccessive, alle volte dei tratti sono più ripidi mentre in altri punti il tragitto si appiana, in quei momenti in cui la gamba spinge e tira il pedale ci sono mille cose che balenano nella testa, ognuno ha il suo pensiero che lo distrae o lo concentra, io oggi ho visto nella pedalata le sensazioni che quotidianamente provo nella vita; le difficoltà si presentano in modi disparati, il fondo è pieno di brecciolino e non sai se tenere i pedali agganciati rischiando una rovinosa caduta oppure sganciarli per paura rendendo però più difficile la pedalata, in alcuni tratti sei in compagnia e il ritmo della pedalata viene condiviso, altre volte invece ti ritrovi nell'immensa solitudine di una fredda e buia galleria in salita dove i sassolini percossi dal copertone schizzano via come proiettini schioccando colpi sulle vicine pareti, in alcuni tratti pensi di fermarti e riprender fiato in altri vuoi andare avanti e conquistare al più presto la meta ma la legge è sempre la stessa, ce la devi metter tutta e se cadi non fa nulla perchè la bici è li ad attenderti a terra per riprendere la strada e non fermarti mai!
L'avventura parte con i migliori auspici, è il prezzico Rocco a coinvolgermi con mio grande entusiasmo nel progetto condiviso coi suoi inseparabili compagni d'infanzia, il fratello barbuto Bartolomeo e lo spellato stoico Michele. La convocazione avviene mentre mi trovo idilliaco nel bagno dell'ufficio, mi squilla il telefono di un numero a me ignoto e appena rispondo sento prorompenti le parole "Sei Carico?", io sono probabilmente preso dai fumi dell'ambiente e non capendo chi sia l'interlocutore rispondo "No, sono Fabio, forse ha sbagliato numero!"...
Tralsciamo i commenti sul prequel dell'escursione è bene concentrarsi sulla vera, intensa avventura che, a dispetto di quanto molti stanno pensando, non si tratta della pedalata lungo la desiderata antica ferrovia Spoleto-Norcia bensì nel viaggio per raggiungere quello che dovrebbe essere il punto di partenza. Arriviamo a Tiburtina di buon ora e puntuali (caratteristiche che si mal abbinano con Bart) e scopriamo che ci sono problemi sulla linea veloce che hanno fatto cancellare il nostro treno. Il primo treno è dopo 2h e quando tutto sembra ormai finire a tarallucci e vino trenitalia caccia l'asso dalla manica, un treno che doveva partire mezz'ora prima ha 50m di ritardo quindi con grande stupore riusciamo addirittura a partire in anticipo.
In tutto questo è per me la prima volta che incontro Michele, lo trovo con squame sul braccio retaggio di una bruciatura in chissà quale precedente passata pedalata e giustamente lo sento lamentoso nei confronti del disagio appena vissuto, per fortuna una volta sul treno si calma e gioioso guarda i prati fuori dal finestrino.
Il viaggio in treno merita una piccola menzione a parte. Rocco appena salito fa subito amicizia col capo macchina che per poco non gli lascia le redini del comando, nel frattempo io vado chiacchierando con i due nuovi compagni che conosco a mala pena e vedo Bartolomeo particolarmente raggiante e poco dopo capisco che questa irradiazione è per gran parte merito dell'occhiale regalatogli da Neil Armstrong dopo il suo primo viaggio sulla luna, un occhiale semplicemente SPAZIALE. Nel momento in cui lo sguardo di Bart sta per farmi innamorare odiamo un trambusto alle nostre spalle, la capotreno, dopo aver lasciato i comandi a Rocco, nel chiedere il biglietto di viaggio si imbatte in un tipo apparentemente pacioso che però, non si capisce bene il perchè, non ha il biglietto e alla richiesta di scendere dal treno alla prima fermata si oppone e giunti alla stazione il treno si ferma in attesa delle forze dell'ordine. Tutto sembra nuovamente perduto ma visto il già tanto ritardo cumulato e i problemi sulla rete i controllori riuniti decidono di mandare ugualmente avanti il treno scusandosi con gli altri passeggeri della decisione. In questa circostanza Bart esplode in un tacito dissenso mentre Michele torna pacatamente a borbottare, il tutto condito da un mio commento sui toni della controllora a mio avviso duri e inopportuni che fanno pensare ai miei vicini che io sia daccordo col comportamento del clandestino, timoroso di ritrovarmi arrostito su un tavolo da sagra di Prezza rifinisco meglio il mio appunto e con la manica del completino asciugo il sudore freddo dalla fronte.
Giungiamo finalmente a Spoleto e il sole picchia duro sulle capocce, siamo finalmente tutti e cinque riuniti sulla banchina, ci guardiamo bene ed effettivamente siamo in cinque tutti di bici muniti, stringiamo la mano al neo conosciuto Marco ciclista salito sul treno ad Orte che vuole percorrere la nostra stessa strada in giornata, io non sono ancora del tutto convinto che tale Marco esista davvero, salgo in sella dubbioso che sia una visione causata dal caldo e ci avviamo verso la ridente Spoleto.
Le intenzioni sono chiare sin da subito... nei cervelli dei prezzani! Non per me invece che allo scuro da tutto parto dalla stazione col mio bel GPS impostato, ingenuamente convinto di poter far strada. Alla prima rotonda giro a sinistra e voltandomi vedo i compagni che vanno a destra verso il centro di Spoleto, gli grido che la strada giusta è altrove ma non sentendomi svolto e gli corro appresso e con la massima angelica tranquillità mi dicono di cercare un bar lungo la strada, cosa si condivisa ma la strada a senso mio era quella che ci avrebbe portato alla ferrovia, invece ci addentriamo nella ridente cittadina casualmente per i viottoli pendenti con pavimentazione ciottolata, superiamo un arco, una staccionata, due vecchietti e un'auto contromano e ci ritroviamo in uno slargo dove Rocco con fare guardingo scruta la più pendente strada da intraprendere. Cerco invano di condizionare le decisioni e difronte questa scena il confuso Marco si gira verso di me esclamando "tu e i tuoi storici amici non mi sembrate molto organizzati...", io non posso che condividere appuntando però che Bart e Michele li ho conosciuti solo oggi buttando così Marco in preda ad un sempre più galoppante stato confusionale che lo fa optare per un monastico silenzio, ciò nonostante rassegnato nell'aver deciso di seguire un gruppo di folli non abbandona la ciurma.
Riusciamo a fare finalmente colazione e dopo aver disceso Spoleto per la strada più larga e meno ripida (ovviamente le pettate solo in salita) imbocchiamo il sentiero della vecchia ferrovia e lo seguiamo mesti mesti su per i vari ponti e le varie gallerie. Ogni tanto scambio due parole col gruppo, sento Michele che si lamenta ancora di qualcosa ma non capisco bene stavolta a cosa sia dovuto il lamento al chè decido di avvicinarmi e capisco che l'argomento è molto divertente e mi diventa chiaro quanto da stamattina non avevo ancora percepito. In realtà Michele è tutt'altro che un lamentone, è semplicemente il suo tono di voce che alle mie orecchie suona come un monito di disagio, in effetti gli eventi della mattinata non erano allegri ma anche in circostanze di risa condivise il povero stenta a manifestare una fluida risata interrotta da pseudo singhiozzi figli di un'evidente predisposizione della trachea all'emissione di soli mugugni.
Il primo caldo della stagione si fa sentire anche se non influisce sulla velocità ma solo sul numero dei partecipanti all'escursione, difatti durante l'ascesa ci ritroviamo in sei, nel gruppo è comparso un sesto uomo del quale non saprò mai il nome. Il nuovo entrato paventa una bici di tutto rispetto, parla di gare e di tempi, di integratori e di allenamenti ed è con questi argomenti che un brivido risale lungo la schiena di Rocco sfogandogli in un tic all'occhio segno di un'irrefrenabile istinto pronto ad uscir fuori. D'improvviso il ritmo si fa più elevato, io, Marco (che probabilmente non è altro che il mio amico immaginario) e Bart rimaniamo arretrati mentre davanti a noi gli altri tre scompaiono dalla vista in prossimità di una salita elicoidale. Michele non ha ovviamente capito cosa stia succedendo ma Rocco e il suo (alter) ego competitivo hanno deciso di far capire chi comanda nel gruppo, come un primate voglioso di vantarsi della lunghezza del proprio bastone fa uno scatto da centometrista, la pupilla gli si stringe e tutte le energie convogliano nel quadricipite, il sesto uomo gli sta dietro fino alla fine e raggiungiamo i due dopo 10m nei pressi di uno spiazzo in prossimità di un ponte dove accasciato rinveniamo Michele con la lingua a terra e le arterie pulsanti sulla fronte, la competizione questa volta non ha dato un vincitore ma solo uno sconfitto!
Giungiamo nel punto più alto del percorso, nei pressi della galleria Caprareccia lunga 1936,27mt, vi dice qualcosa? Michele è il primo a capire il collegamento e gioioso lo dice agli altri che però gli porgono dell'acqua per placargli il singhiozzo. La galleria è lunga e dopo pochi metri è anche fornita di una vasca di raccolta d'acqua di stillicidio dove facciamo schifosamente finta di abbeverarci. All'interno del tunnel la temperatura cala drasticamente e ci ritroviamo d'improvviso di nuovo in quattro, nell'oscurità più totale non identifico i compagni e mi chiedo se Rocco sia di nuovo partito all'attacco oppure se le visioni dei due nuovi amici sono venute meno col calar delle temperature, fatto sta che accendiamo torce e lucette e ci addentriamo nel cuore della montagna in questa magnifica opera di ingegneria mutata da stalattiti sulle pareti.
Torniamo alla luce del sole tutti e sei e scendiamo lungo le tortuose gallerie tra sassi sconnessi e buio persistente. Giungiamo ad un bivio posto poco prima dell'ultima galleria e il sesto uomo senza nome ci indica di deviare verso la strada evitando l'ultima galleria chiusa al transito per crollo, detto ciò gira la sua forcella e si avvia lasciandoci li indecisi sul da farsi, io sono dell'idea di andare comunque a vedere la galleria e propongo a qualcuno di accompagnarmi mentre il resto del gruppo segue l'innominato lungo la strada sicura. Rocco propone di andare tutti per la galleria abbandonando il sesto, qualcuno malauguratamente gli fa notare che codesto potrebbe ritrovarsi solo e spaesato ma la reazione di Rocco con un secco "ma chissene frega" è la chiara manifestazione che oggi Rocco non è il primate col bastone più lungo. Marco (rinfrancato dal trattamento che Rocco riserva alle new entry) insieme a Bart e Michele vanno giù per la strada sicura mentre io e il burbero ci avviamo per il tracciato originale, giungiamo alla galleria totalmente sbarrata e notiamo alla destra un single track che seguendo uno sgarrupo costeggia a mezza costa il lato della montagna per pervenire dapprima all'uscita del tunnel e poi giù per magnifici sentieri fino a Sant'Anatolia di Narco dove ci ricongiungiamo col resto del gruppo. A questo punto ci fermimamo alla macelleria di Roberto Ripanti dove l'innominato ci saluta per chissà quale super difficilissima strada.
Siamo a 1 terzo del percorso e sono le 13.00, siamo in 5 e ci siamo appena scofanati diversi panini farciti di insaccati di qualsiasi specie animale esistente, cominciamo a pensare se siamo in grado di proseguire fino a Norcia entro serata e convinti di potercela fare andiamo avanti superando strade franate e pilastri di cemento (messi proprio per evitare il transito), il sentiero tornato con il fondo buono scorre liscio sotto le nostre ruote, la pendenza è minima ma accettabile, ci fumiamo in poche decine di minuti tutta la distanza che ci separa da Borgo Cerreto dove giustamente ci fermiamo ad un altro bar, l'escursione si sta tramutando in un tour di degustazione delle specialità locali. Esce fuori la proposta di prendere una birra fresca, io tento di dissuadere il gruppo esortandolo a mantenere la concentrazione ma i miei tentativi vengono spazzati via d'un batter d'occhio quando Marco, comunicandoci di essere arrivato al culmine della sua avventura con noi, decide di offrire la bevanda a tutti. Perdiamo un'altra mezzoretta parlando di tornei di briscola a coppia e degli occhiali rotti di Bart che ha perso una stecca della montatura nei tunnel, il mitico ha uno spirito talmente positivo che non solo non si preoccupa della perdita bensì va vantandosi dell'evento nella convinzione di avere adesso un occhiale unico capace di incuriosire i più grandi ciclisti lungo il percorso.
Io, Michele e Bart salutiamo Marco con abbracci, strette di mano, scambi di numero, di biglietti da visita con dei raccomandamenti nel rivedersi presto e d'improvviso si avvicina Rocco che saluta il partente con un laconico "spero di rivederci un giorno" dal suono molto simile ad un vero e proprio "addio".
Ci ritroviamo in 4 oramai, riprendiamo a pedalare lungo la ferrovia passando per valli incassate e per qualche altro tunnel fino ad una rampa sconnessa dove ovviamente qualcuno di noi si esalta a salire fomentato. Poco dopo un cancello sbarra la strada, Rocco si gira e torna giù nel tentativo di cercare il percorso (secondo me per il masochistico piacere di rifare senza motivo la salita), ci chiama comunicandoci di aver trovato la strada evidente dall'erba schiacciata segno del passaggio di altri ciclisti, ci addentriamo in un campo di pannocchie e poco dopo ci ritroviamo in una giungla di rovi dove per andare avanti è necessario guadare torrenti con alligatori e lottare contro piante carnivore. Bastano 7m per sentire Michele lamentarsi, stavolta per davvero, redarguendo la guida sull'inutilità del sentiero seguito, io e Bart ci aiutiamo a vicenda chiacchierando allegramente dei punti del corpo abrasi dall'ardoic (ci ho perso del tempo per capire che in dialetto prezzano significa "ortica"). Dopo aver perso abbastanza tempo percorriamo a ritroso un agevole campo arato per la gioia del contadino e scavalchiamo il cancello per recuperare l'asfalto della statale. Dopo pochi metri di statale abbandoniamo la strada sicura nel tentativo di ripercorrere la ferrovia, superiamo un tunnel che ci fa ben sperare ma poco dopo una diga ci sbarra nuovamente la strada, sul bordo del torrente sotto il cemento dei viadotti uno strettissimo sentierino prosegue quatto quatto nella giungla, ci chiediamo come potesse il treno passare per un così angusto spazio e dopo esserci nuovamente immersi in Amazzonia decidiamo di risalire un burrone issando le biciclette tra liane e scimmie urlatrici fino al bordo di un cavalcavia dove potete ben immaginare la scena; automobilisti in panciolle dopo una bella mangiata in zona vedono sbucare nel cuore di un tunnel da un foro sui bordi quattro ragazzi pieni di graffi sanguinanti con delle bici in spalla, alla visione si saranno posti dei dubbi sugli effetti del vino appena tracannato.
Riprendiamo il corso della retta via per asfalto che dopo 10km esce dalla splendida val Nerina per giungere a Norcia immersa tra verdi campi fioriti e dolci colline degne del pennello del più bravo artista naturalistico. Per arrivare all'ingresso della città c'è da superare un'ultima salitina sulla quale Rocco e Michele hanno già solcato due binari infuocati, io e Bart con la sua bici più simile ad un cancello che ad una due ruote siamo un po' arretrati e sebbene ci diamo vicendevole supporto in cuor nostro siamo nel pieno di una sottile, ambiziosa, miserrima competizione a non risultare l'ultimo della classe, colui da sbeffeggiare come il più pippa del gruppo. Manca meno di 1km quando Bart porta l'affondo e con colpo di un inguardabile falcata spinge sul pedale e porta il cancello in "velocità" lungo la salita, io tento per pochi istanti di stargli dietro ma le forze mi abbandonano improvvisamente, bevo un goccio d'acqua che non mi disseta mentre il mio fisico si schianta sugli ultimi metri e lentamente giungo alla fonte posta vicino l'arco d'ingresso stremato, nel frattempo un felice Bart va rifilandosi il pizzetto tutto giulivo e soddisfatto.
Norcia, città degli insaccati dà il benvenuto nel parco dei monti Sibillini. Non c'ero mai stato, la pavimentazione bianca così come la magnifica piazza ti catapultano al medioevo e non appena cala il buio le calde luci fioche ti inebriano di calore familiare, ci si sente a casa ed è magnifico condividere questi momenti con amici, ebbene si, persone che fanno di questi momenti semplici la bellezza della vita rendendo ogni istante unico degno d'esser vissuto e ricordato allegramente.
Dopo aver abbandonato le bici in uno scantinato ci tuffiamo nelle magnificenze alcooliche del montefalco a coronazione di un pasto da re, io sono a dir poco affamato, la stanchezza della salita mi ha lasciato una voragine nello stomaco acuita da tutti i prosciutti appesi nelle sterminate norcinerie della città, nemmeno l'idea di dormire nello stesso letto con Rocco riesce a togliermi l'appetito e la location che scegliamo soddisfa pienamente le nostre aspettative; antipasti, primi, secondi, contorni, amari, dolci, brindisi con l'oste Mattia e risate a squarcia gola, tutto al modico prezzo di 25€, senza parole. A fine pasto ci concediamo una meritata passeggiata digestiva, dopo un'oretta Rocco decide per il gruppo che è ora di ritirarsi, d'altra parte si sa, se sta bene Rocco sta bene tutta la rocca, così giunti all'ingresso del B&B il pennellone si avvia, io lo seguo mentre il resto della rocca, più per il principio di contrastare il detto che altro, decide di render la notte più brava di quanto fatto.
Sveglia concordata per le ore 8.30 puntualmente sento qualcuno bussare alla porta, è Michele che ci esorta a svegliarci visto che sono le 8.15....... Prendere delle decisioni con questi uomini è come andare a cogliere l'acqua al fiume con le ceste di vimini! Per fortuna almeno Bart rispetta i patti e alle 9.00 passate, mentre tutti stiamo intorno al tavolo della colazione, sogna ancora beato di pedalare fiero con i suoi super occhiali nel regno del ciclisti folli.
La colazione, momento topico dell'avventura, ci presentiamo alla sala in tuta e magliettacce mentre tutto intorno a noi sessantenni di classe con i loro cardigan a rombi bevono in tazzine di porcellana parlando di cani da caccia e golf, io e Michele ci concediamo una sobria colazione mentre Rocco decide che è giunto il momento di insegnare alla borghesia cosa significhi avere un exploit culinario di prima mattina; prende 2 piatti fondi e li riempie a piramide di tutte le pietanze presenti al buffet e non soddisfatto mi chiede di rifornirmi di doppia porzione di torta alle mele per concedergliene un assaggio. Il sobrio pasto consiste in 4 cornetti accuratamente farciti di marmellate e nutelle, cappuccino, succo d'arancia, ciambellone al cioccolato, torta di mele, fette biscottate, biscotti con la glassa e per concludere in bellezza... pane, ricotta e salame!!! I camerieri sbigottiti fanno appena in tempo a chiudere la cucina prima di ritrovarsi in mutande.
Torniamo alle stanze rapidamente prima di riprendere la strada, sento Michele borbottare e convinto vi sia un argomento divertente mi avvicino e difatti il comizio è incentrato sull'assenza del bidet nel cesso del malcapitato, stupito della cosa si arma di asciugamanino e decide kamikaze di andare all'altro bagno dopo le performance di Rocco, è per lui un'amara scoperta quando uscito sconvolto dall'esperienza gli viene svelata l'esistenza di un tecnologicissimo bidet estraibile nascosto sotto il lavello, alta ingegneria.
Ci rimettiamo finalmente in marcia e la leggera lunga salita di ieri è oggi una graditissima discesa che percorriamo su asfalto ad una media di almeno 30km/h, io mi sono decisamente ripreso dalla stanchezza e mi sistemo davanti al gruppetto con la mia bella frontale ad illuminare la strada ed impostare un semplice ma costante ritmo. Rocco compiaciuto della mia energia ride sotto i baffi convinto che una volta giunto alla salita schianterò nuovamente, tuttavia coinvolto dal ritmo si mette sulla mia scia e stordito dall'agonismo si dimentica del reale contesto e parte nell'incitamento da rettilineo finale del campionato mondiale di ciclismo, comincia d'improvviso a chiamarmi Fabian Cancellara e mentre io ignoro totalmente chi sia costui decido di assecondare il mio compagno ormai perso nel suo incontrastabile turbinio mentale come è necessario fare con le persone "speciali". La striscia nera di bitume scorre velocemente sotto i nostri copertoni, il rumore stridulo della gomma accompagna le nostre menti verso la consapevolezza di comodità delle strade asfaltate, ci lasciamo trasportare dalla velocità al punto di superare il cancello scavalcato all'andata. Ci ritroviamo d'improvviso al bar della briscola dove, abbandonate con fatica le velleità torneistiche nell'asso di spade, prendiamo la via del piacevole sentiero sterrato.
Ormai l'ora va facendosi di nuovo calda e come d'incanto, superato un blocco di cemento da monito della franabilità della strada, incontriamo un ciclista pronto ad attenderci, sembra stesse li da giorni in attesa del nostro passaggio per aggregarsi al nostro gruppo, evidentemente è una moda della val Nerina far finta di andare in bicicletta da soli per poi accollarsi di soppiatto a qualcuno a caso. Provate ad indovinare cosa succede non appena il nuovo membro si unisce al gruppo? Ebbene si, il brivido da raptus neanderthaliano si reimpossessa della mente di Rocco, le pupille si stringono nuovamente e gli amminoacidi si riuniscono per bruciare al meglio sotto le spinte adrenaliniche del primate. Rocco va, va, spinge, forte, più che mai, ed eccolo giungere al traguardo della norcineria, fortissimo mentre tutto intorno è il nulla, è lui, solo lui, è l'unico, il solo, in mezzo alla folla festante, mitico e incontrastato con le braccia al vento taglia il traguardo immaginario con ghigno fiero e soddisfatto del maschio dominante neo campione del mondo. In questa esplosione ormonale il poverino non si era accorto di essere rimasto solo da un pezzo, difatti il quinto uomo, capito l'andazzo, ha simulato una sosta bagno abbandonando quasi subito la competizione mentre stavolta Michele, forgiato dall'esperienza del giorno precedente, capisce appena in tempo cosa stia succedendo prima di ritrovarsi nuovamente esamine steso sul tavolo del macellaio di Sant'Anatolia.
E' mezzogiorno e siamo al cospetto della salita con un treno che ci attende per le 4 del pomeriggio, abbiamo tutto il tempo di raggiungere la stazione e nonostante il caldo stia per incombere mi abbandono in folli spese, mi carico sulla bicicletta 1kg di prosciutto, 2 coglioni di mulo, 6 salsicce e 1lt d'acqua, fiero del depauperamento economico mi sento pronto per l'ascesa. Decidiamo si risalire lungo il sentiero percorso da me e Rocco e sin dai primi passi prendo un ritmo intenso che mi porta a capo della fila, ho un po' timore che le forze possano crollarmi come ieri ma non lascio possibilità di persuasione a questa paura bensì mi concentro sul mio fisico e sui segnali che risponde ad ogni movimento del pedale, come uno scalatore d'alta quota ascolto il ritmo cardiaco e lo sincronizzo con il mio respiro e con la pedalata in maniera sostenibile, il fondo è sconnesso, in moltissimi punti le ruote prendono una strada tutta loro nella ghiaia ma insisto nel pedalare con le scarpe agganciate. Dopo pochi metri mi rendo conto di pedalare da solo, non so bene per quale motivo i miei compagni sono arretrati ma me ne disinteresso, non voglio interrompere il mio andamento e cerco di pervadere la mia mente di distrazioni positive mentre il fisico va corale lungo la salita. Raggiungo le prime buissime gallerie ed è li che mi ritrovo a riflettere paragonando la pedalata alle sensazioni che quotidianamente provo nella vita, in un momento solo, nel pieno di una buia galleria rischio seriamente una caduta, stacco il pedale e mi arresto per un attimo. La paura di cadere ha inciso in quel rapido istante ma non mi concedo tempo di riprender fiato, è più importante non perdere il meraviglioso ritmo sostenibile acquisito. Lungo la salita mi raggiunge inizialmente Rocco poi Michele mentre Bart, con il suo bel pizzetto roscio pettinato, è la pippa del giorno ahahaha!!!!!
In 1h precisa precisa siamo di nuovo al cospetto della galleria Caprareccia dalla quale fuoriesce un'aria gelida, rimango con l'uomo squamoso ad attendere all'ingresso l'arrivo dei fratelli Pasquale che non perdono più di 5m a giungere. Bartolometo e il suo cancello escono inesorabilmente sconfitti dall'ascesa, "oggi mi hai decisamente fregato" sono più o meno le parole della pippa del giorno il quale tuttavia ha altro a cui pensare. Si dal caso che il signorino, nel pieno della trans agonistica dell'ascesa all'interno di una tenebrosa galleria dal fondo sconnesso, non si sa come, è riuscito a ritrovare la stecca del proprio occhiale persa il giorno prima. Metà Abruzzo era già in festa per la probabile distruzione dell'occhiale spaziale, invece con il rinvenimento della reliquia l'umanità avrà ancora a che fare con Bart e il suo sguardo raggiante!
La strada dura ormai è conclusa, superiamo la galleria ben coperti dalle giacche antivento (tralascio in questa sede il dibattito da veri vecchi decrepiti scatenatosi tra i prezzani sulle conseguenze degli spifferi d'aria fredda e gli sbalzi di temperatura) e ci catapultiamo giù fino a Spoleto come dei missili dove io, alla solita rotonda svolto a destra e vedo i miei compagni tirare dritto alla ricerca di insensate strade in salita su ciottolato. Fortunatamente trovo in Michele un vero alleato e dopo averlo massacrato in questo racconto mi lascio in un vero elogio nei suoi confronti per essere l'unico abitante di Prezza capace di dire basta a follie ciclistiche a favore di un fresco, gocciolante e succulento gelatino di fine escursione.
Due giorni magnifici, in una location fantastici con dei compagni d'avventura unici. Di Rocco ho già positivamente parlato altre volte ma di Bart e Michele, conosciuti praticamente in questa circostanza avrei da spendere diverse parole di elogio. La bellezza dell'amicizia la vedi nei momenti in cui il tempo passa senza accorgertene con il sorriso sulle labbra, non c'è tempo perso solo nell'intento di rievocare esperienze passate bensì c'è la semplicità e il piacere di vivere ogni momento ridendo e godendo di quel che si ha e che si vuole fare, persone magnifiche nella loro semplicità e allo stesso tempo esemplari nella loro profondità d'animo, con loro il fisico sarà pur crepato ma la mente non può che uscirne rilassata e rinvigorita. alla prossima ragazzi.
Partecipanti: Rocco Pasquale, Michele, Bart Pasquale, Fabio D'Angelo e il mitico Marco
descrizione del percorso al seguente link: la vecchia ferrovia Spoleto-Norcia